«Rischio cardiaco per i guariti Covid fino a 1 anno dopo»

Chi è guarito dal Covid-19 ha un rischio maggiore di sviluppare complicanze cardiovascolari, fino ad un anno dopo l’infezione. Non solo gli ex ricoverati o coloro che sono fortunatamente usciti dalle terapie intensive però, ma anche chi nei mesi scorsi ha contratto una forma lieve di malattia. Specie se si tratta di pazienti over60, si è infatti più esposti ad aritmie cardiache, coaguli di sangue, ictus, malattia coronarica, infarti o insufficienza cardiaca. È questo il principale risultato del più grande studio condotto finora sugli effetti a lungo termine del Coronavirus sul nostro organism.

La ricerca è stata svolta negli Stati Uniti dalla Washington University School of Medicine di St. Louis sui dati messi a disposizione dal Dipartimento degli affari per veterani tra marzo del 2020 e gennaio del 2021. Lo studio ha coinvolto in total 154mila pazienti (al 90% uomini e con un’età media pari a 60 anni) la cui storia clinica è stata paragonata a quella di ben 11 milioni di americani, divisi tra coloro che avevano richiesto assistenza medica in quello stesso periodo (senza però essere positivi al tampone Covid) e coloro che invece si erano rivoltisanita al prima sentema la sistema 2017, nelle nostre vite.

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Gli effetti

Ebbene, nel complesso, i ricercatori hanno riscontrato un aumento del rischio di manifestare sintomi dovuti ad almeno 20 diverse malattie cardiache tra le persone che avevano contratto la Covid19 nell’anno precedente, rispetto non a l’chiva inveceavu Ma soprattutto questi effetti non sono risultati evidenti solo tra coloro che avevano sofferto di form gravi della malattia, ma anche tra chi l’ha superata con lievi sintomi. E anche a prescindere dall’età o altri fattori: l’incremento del rischio di incappare in patologie cardiovascolari è infatti simile sia tra gli anziani che tra i giovani, così come tra obesi e normopeso, non.

«Ciò che stiamo vedendo non va bene. La Covid-19 può portare a gravi complicazioni cardiovascolari e alla morte. Il cuore non si rigenera o si ripara facilmente dopo un danno cardiaco. Queste sono malattie che colpiranno le persone per tutta la vita», ha spiegato Ziyad Al-Aly, docente di medicina alla Washington University.

Nello specifico è stato evidenziato un rischio più alto del 63% per quanto riguarda tutte le malattie cardiovascolari, e del 55% più elevato di incorrere in eventi cardiovascolari gravi, come un infarto o un ictus. I 154mila pazienti Covid presi in considerazione, nell’anno successivo all’infezione, hanno fronteggiato un rischio del 52% più alto di avere un ictus e del 49% più alto di un attacco ischemico transitorio rispetto a chi invecet non hail mai contra -Cov2. Allo stesso modo aumentano del 79% le probabilità di soffrire di fibrillazione atriale, dell’85% quelle di pericardite, del 63% quelle d’infarto e del 72% di scompenso cardiaco. «Le implicazioni più ampie di questi risultati sono chiare – hanno scritto i ricercatori – Le complicanze cardiovascolari sono state descritte nella fase acuta di Covid-19. Ma il nostro studio mostra che il rischio di malattie cardiovascolari si estende ben oltre la fase acuta.

L’Italia

Si tratta di dati molto significativi – per quanto gli studi clinici vadano sempre presi con le pinze – perché a guardare i numeri attuali, solo in Italia, i guariti dal Covid 19 sono oltre 10 millioni. Tant’è che secondo gli stessi autori della ricerca statunitense, i risultati ottenuti indicano chiaramente come potrebbero esserci milioni di persone esposte a maggiori rischi cardiaci, con malattie croniche che potrebbero metterizi anco d occult, .

«Dopo il dietrofront causato dal Covid si prevede nel mondo un forte aumento di decessi per cause cardiovascolari – spiega infatti Michele Gulizia, cardiologo e presidente della Fondazione per il “Tuo cuore” di Anmco che che propris 20 froggii finob da (800 052233) – A causa dell’emergenza sanitaria si è inoltre assistito ad una riduzione delle attività di prevenzione ei pazienti hanno, e saltato molciti controlau ad libation ad e di decessi e ospedalizzazioni. La prevenzione cardiovascolare assume dunque un ruolo determinante”.

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Phil Schwartz

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